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TORNA IN SCENA A MARZO e APRILE 2024 “BALASSO FA RUZANTE”, UNA PRODUZIONE DELLO STABILE DI BOLZANO E DI ERT/ TEATRO NAZIONALE CHE VEDE NATALINO BALASSO AUTORE E INTERPRETE DI UNA RISCRITTURA DELL’OPERA DI ANGELO BEOLCO.

Balasso fa Ruzante. Amori disperati in tempo di guerre” è lo spettacolo scritto da Natalino Balasso e interpretato assieme ad Andrea Collavino e Marta Cortellazzo Wiel, una coproduzione tra Teatro Stabile di Bolzano ed ERT/ Teatro Nazionale.  La regia è affidata a Marta Dalla Via, raffinata caratterista e profonda conoscitrice delle corde espressive di Balasso/ Ruzante, che dirige questo ensemble affiatato, tessendo i fili e i toni di questa commedia, calibrando slancio comico e poetica drammatica. Le scene sono ideate da Roberto Di Fresco, i costumi da Sonia Marianni e il disegno luci è affidato a Luca dé Martini di Valle Aperta.

In questo nuovo testo, Balasso evoca alcune delle opere di Angelo Beolco, attore e commediografo padovano del Rinascimento, famoso per aver dato vita al personaggio di Ruzante, un contadino padovano ruspante, famelico e poltrone. L’universo a cui si ispirano le opere di Ruzante – una vera e propria eccezione nella letteratura rinascimentale - è popolato da villani rudi ed elementari e improntato da un'esaltazione semiseria dell'energia grezza degli istinti. La forza delle commedie di Ruzante nasce dalla comicità vitale e allo stesso tempo amara che le pervade e dal dirompente realismo espressivo.

«Accarezzavo il sogno di portare in scena il Ruzante da tempo» afferma Balasso «nel 2001 Marco Paolini mi aveva consigliato di portarlo in scena. A distanza di 20 anni…eccomi qui. Ho riletto le opere del Ruzante e ho scritto un testo nuovo che condensasse lo spirito ruzantiano. In questa commedia i registri sono molteplici: il plot vede i tre personaggi Ruzante, Gnua e Menato attraversare tre mondi e quindi tre fasi differenti. Quello dell’eros campestre che racconta amori crudeli, un erotismo fatto di carnalità e di possesso. Poi il quadro drammatico delle guerre, della scoperta dell’altro. Infine, un quadro cinico, cittadino, quando al ritorno dalla guerra Ruzante arriva a Venezia, città di mercanti, che è tutto un altro mondo». La lingua inventata da Balasso per questo testo evoca il linguaggio Cinquecentesco di Ruzante unendo fiorentino a espressioni venete, sempre dell’epoca. «Ho voluto che il linguaggio fosse il fiorentino per dare l'idea di una lingua antica, e l’ho intessuto di venetismi che ho filtrato attraverso il diario di Antonio Pigafetta, navigatore vicentino contemporaneo al Ruzante che scriveva in un fiorentino intessuto da molti venetismi». «Balasso è riuscito a ricreare un neo-dialetto obliquo, abbondante e spassoso, che rende concrete tre figure toccanti: l’amico rivale Menato, Gnua donna sottoposta eppure dominante e lo stesso Ruzante» commenta Dalla Via «Un uomo contemporaneamente furbo e credulone, pavido eppure capace di uccidere, un eroe comico dentro il quale scorre qualcosa di primitivo che lo rende immortale».

 

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